LETTERA ALL’ONU
Basta.
Mi riferisco alla, ormai famosa, implorazione dell’associazione Nazionale Magistrati indirizzata, nientepopodimeno, al relatore speciale, presso l’ONU, sull’indipendenza dei giudici ma anche, lo sottolineo, degli avvocati.
Con la lettera si afferma:
1. Difficile situazione della Magistratura Italiana.
2. Rischi per la indipendenza dei Giudici. Non del tutto, ma della sua riduzione, ad opera del governo e della maggioranza parlamentare.
3. Quanto sub. 1 e 2 è stato già oggetto di intervento del relatore sig. DATOPARAM CUMANARASWAMY nel 2002 (chiamato dal sig. Rutelli Francesco. NDR)
4. Esso LEANDRO DESPOUY, attuale relatore, utilizzando la relazione del suo predecessore, dopo averla integrata ha spedito agli inizi del 2005, al Presidente Ciampi, questa lettera con la quale ha affermato:
a) le norme di garanzie della indipendenza della magistratura italiana, sono lodevoli.
b) Sono la caratteristica principale del potere giudiziario italiano.
c) Hanno conferito all’Italia un’invidiabile prestigio internazionale.
d) Hanno conferito, sempre all’Italia, autorità morale.
e) Sono servite da modello per altri paesi.
5. Gli estensori Palamara e Cascini, presidente e segretario generale dell’ANM, proseguono affermando ulteriormente, che:
6. grazie alla sua lettera a Ciampi e
7. grazie alle sue dichiarazioni rese durante il suo soggiorno in Italia nell’anno successivo, Governo e maggioranza rinunziarono, in sede di riforma, alle norme, più pericolose per la indipendenza dei magistrati.
8. Ricordano, ancora, a Leandro che egli espresse apprezzamento “sul modello italiano di garanzia della indipendenza della magistratura incentrato sul Consiglio Superiore della Magistratura”
9. Comunicano anche che su certe decisioni della magistratura si sono avuti attacchi da esponenti politici nonchè dal presidente del Consiglio.
10. Comunicano, sempre, che in Italia si è tornato a discutere, da parte del Governo, di modificare la composizione e le attribuzioni del Consiglio Superiore della magistratura, finalizzate a sminuirne il suo ruolo di garanzia dell’indipendenza del magistrato.
11. Comunicano che il male principale della magistratura è la lentezza delle procedure.
12. Che si è ancora più aggravato in questi anni
13. Tanto, lo si deduce, è conseguenza del fatto che il Ministro della Giustizia Alfano ha accettato la riduzione dello stanziamento per il ministero epperò non ha posto in essere misure dirette a migliorare l’efficienza del sistema (in questo caso, sistema)
14. Comunicano che quest’associazione ha espresso la sua preoccupazione, viva, per gli attacchi alla Indipendenza dei magistrati.
15. Comunicano ancora e sempre che l’associazione ha avanzato varie proposte di legge per il miglioramento dell’organizzazione giudiziaria e per la semplificazione delle procedure.
16. Comunicano, infine, quale organismo della rappresentanza professionale dei magistrati (sic) che si aspettano una nuova visita di Leandro in Italia in missione ufficiale ONU e di poterlo incontrare al fine di illustrargli i motivi di grande allarme e preoccupazione su quanto sta accadendo in Italia.
Questa è la lettera. Nulla si è omesso. Nulla si è aggiunto. L’ho solo sezionata per renderla palpabile al lettore di oggi, sempre più “fuggente”. Non intendo esprimere opinioni sugli estensori ma intervenire con l’insufficiente mezzo di cui dispongo, su di un fatto, gravissimo, che sta accadendo in Italia da anni.
Volendolo datare, bisogna risalire al 1992 allorquando ci fu la famosa inchiesta della Procura di Milano sulla corruzione, meglio conosciuta come “Mani Pulite”.
Ma qual è questo fatto? Esso viene individuato nello scontro tra alcuni, o molti, politici di un certo segno politico ed alcuni, o molti, magistrati, anche questi – si assume – politicamente connotati, ad oggetto.
Il Potere. Quello vero.
E questa lettera è la mossa di un sindacato di magistrati nella grande partita appena indicata, e nel mentre arriva la contromossa, affermo e riaffermo, che il troppo è troppo.
Riconosco che la lettera è ben pensata, ben scritta, ben articolata. Questo, però, per i fini che si prefiggono gli estensori. Primo, fra questi, evidentemente, è la risonanza da ottenere in Patria: l’hanno ottenuta in tutte le sedi: su i giornali cartacei, i giornali radio e televisivi, nei dibattiti e nei salotti. Tutti parlano della lettera. Questa lettera. Alcuni sono soddisfatti, alcuni sono esterrefatti, alcuni sono indignati, alcuni sorpresi, alcuni increduli, alcuni indifferenti.
All’ONU, presumo, si sono allertati e, presumo sempre, che LEANDRO abbia convocato o sentito chi di dovere e stia già predisponendo l’urgente visita in Italia nel rispetto delle procedure. Già, però, immagino il risultato della visita.
Proseguo:
– Di solito è l’indipendenza degli avvocati ad essere minacciata – e che fa notizia – perché, sempre di solito, sono i diritti fondamentali dei cittadini ad essere minacciati da regimi autoritari e conseguentemente gli avvocati che li difendono.
– Gli avvocati Italiani, però, non si sono rivolti all’ONU ed, in particolare, al relatore addetto perché “bloccati dal regime” nell’esercizio del mandato difensivo.
– Sia il relatore DATO PARANM sia il relatore LEANDRO – è evidente, non solo non hanno studiato, ma nemmeno letto e superficialmente, il nostro Ordinamento Giudiziario (vedi: www.cameradigiustizia.com).
– Suggerisco al relatore, prima di mettersi in viaggio, di studiarlo attentamente. Gli faccio un piacere: gli trascrivo qualche norma dell’ordinamento a tutela dell’autonomia e dell’indipendenza dei magistrati:
• D. Lgsl. 23.02.2006, n. 109 – quale, negli ultimi anni, modificato
CAPO I
Della responsabilità disciplinare dei magistrati
SEZIONE I
Degli illeciti disciplinari
Art. 2
Illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni
1. Costituiscono illeciti disciplinari nell’esercizio delle funzioni: ……omissis.
2. Fermo quanto previsto dal comma 1, lettere g), h), l), m), n), o), p), cc) ed ff), l’attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove non danno luogo a responsabilità disciplinare.
• R. D. Lgs. 31.05.1946, n. 511
TITOLO I
Delle guarentigie della magistratura
CAPO I
Della inamovibilità.
Art.3
Dispensa dal servizio o collocamento in aspettativa di ufficio per debolezza di mente od infermità.
Se per qualsiasi infermità, giudicata permanente, o per sopravvenuta inettitudine, un magistrato non può adempiere convenientemente ed efficacemente ai doveri del proprio ufficio, è dispensato dal servizio, previo parere conforme del Consiglio superiore della magistratura. Se l’infermità o la sopravvenuta inettitudine consentono l’efficace svolgimento di funzioni amministrative, il magistrato dispensato può essere destinato, a domanda, a prestare servizio, nei limiti dei posti disponibili, presso il Ministero della giustizia, secondo modalità e criteri di comparazione definiti con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e il Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto del tipo e della gravità dell’infermità o della sopravvenuta inettitudine. Il magistrato dispensato mantiene il diritto al trattamento economico in godimento, con l’eventuale attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile, corrispondente alla differenza retributiva tra il trattamento economico in godimento alla data del provvedimento di dispensa e il trattamento economico corrispondente alla qualifica attribuita…………omissis…………
• R. D. 30.01.1941, n. 12
TITOLO I
Disposizioni generali
CAPO II
Delle Incompatibilità
Art. 18
Incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con esercenti la professione forense
I magistrati giudicanti e requirenti delle corti di appello e dei tribunali non possono appartenere ad uffici giudiziari nelle sedi nelle quali i loro parenti fino al secondo grado, gli affini in primo grado, il coniuge o il convivente, esercitano la professione di avvocato.
La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei seguenti criteri:
a) rilevanza della professione forense svolta dai soggetti di cui al primo comma avanti all’ufficio di appartenenza del magistrato, tenuto, altresì, conto dello svolgimento continuativo di una porzione minore della professione forense e di eventuali forme di esercizio non individuale dell’attività da parte dei medesimi soggetti;
b) dimensione del predetto ufficio, con particolare riferimento alla organizzazione tabellare;
c) materia trattata sia dal magistrato che dal professionista, avendo rilievo la distinzione dei settori del diritto civile, del diritto penale e del diritto del lavoro e della previdenza, ed ancora, all’interno dei predetti e specie del settore del diritto civile, dei settori di ulteriore specializzazione come risulta, per il magistrato, dalla organizzazione tabellare;
d) Ricorre sempre una situazione di incompatibilità con riguardo ai Tribunali ordinari organizzati in un’unica sezione o alle Procure della Repubblica istituite presso Tribunali strutturati con un’unica sezione, salvo che il magistrato operi esclusivamente in sezione distaccata ed il parente o l’affine non svolga presso tale sezione alcuna attività o viceversa.
I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti e requirenti sono sempre in situazione di incompatibilità di sede ove un parente o affine eserciti la professione forense presso l’ufficio dagli stessi diretto, salvo valutazione caso per caso per i Tribunali ordinari organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale.
Il rapporto di parentela o affinità con un praticante avvocato ammesso all’esercizio della professione forense, è valutato ai fini dell’articolo 2, comma 2, del R.D. Lgs 31 maggio 1946 n.511, e successive modificazioni, tenuto conto dei criteri di cui al II comma.
Art. 19
Incompatibilità di sede per rapporti di parentela o affinità con magistrati o ufficiali o agenti di polizia giudiziaria della stessa sede
I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al secondo grado, di coniugio o di convivenza, non possono far parte della stessa corte o dello stesso Tribunale o dello stesso ufficio giudiziario.
La ricorrenza in concreto dell’incompatibilità di sede è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili. I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità sino al terzo grado, di coniugio o di convivenza, non possono mai fare parte dello stesso Tribunale o della stessa Corte organizzati in un’unica sezione ovvero di un Tribunale o di una corte organizzati in un’unica sezione e delle rispettive Procure della Repubblica, salvo che uno dei due magistrati operi esclusivamente in sezione distaccata e l’altro in sede centrale.
I magistrati che hanno tra loro vincoli di parentela o di affinità fino al quarto grado incluso, ovvero di coniugio o di convivenza, non possono mai far parte dello stesso collegio giudicante nelle corti e nei tribunali.
I magistrati preposti alla direzione di uffici giudicanti o requirenti della stessa sede sono sempre in situazione di incompatibilità , salvo valutazione caso per caso per i Tribunali o le Corti organizzati con una pluralità di sezioni per ciascun settore di attività civile e penale.
Sussiste, altresì, situazione di incompatibilità , da valutare sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, in quanto compatibili, se il magistrato dirigente dell’ufficio è in rapporto di parentela o affinità entro il terzo grado, o di coniugio o convivenza, con magistrato addetto al medesimo ufficio, tra il presidente del Tribunale del capoluogo di distretto ed i giudici addetti al locale Tribunale per i minorenni, tra il Presidente della Corte di appello o il Procuratore generale presso la Corte medesima ed un magistrato addetto rispettivamente, ad un Tribunale o ad una Procura della Repubblica del distretto, ivi compresa la Procura presso il Tribunale per i minorenni.. I magistrati non possono appartenere ad uno stesso ufficio giudiziario ove i loro parenti fino la secondo grado, o gli affini in primo grado, svolgono attività di ufficiale o agente di polizia giudiziaria. La ricorrente in concreto dell’incompatibilità è verificata sulla base dei criteri di cui all’articolo 18, secondo comma, per quanto compatibili.
• D. Lgsl. 27.01.2006, n. 25
TITOLO I
Istituzione Del Consiglio Direttivo Della Corte Di Cassazione
CAPO I
Istituzione, composizione e durata in carica del consiglio direttivo della Corte di Cassazione
Art. 8.
Composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione in relazione alle competenze
Il componente avvocato nominato dal Consiglio nazionale forense e i componenti professori universitari partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 7, comma 1, lettera a).
TITOLO II
Composizione, competenze e durata in carica dei Consigli Giudiziari
CAPO II
Competenze dei consigli giudiziari
Art. 15.
Competenze dei consigli giudiziari
1. I consigli giudiziari esercitano le seguenti competenze:
a) formulano il parere sulle tabelle degli uffici giudicanti e sulle tabelle infradistrettuali di cui all’articolo 7-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, nonché sui criteri per l’assegnazione degli affari e la sostituzione dei giudici impediti di cui all’articolo 7-ter, commi 1 e 2, del medesimo regio decreto, proposti dai capi degli uffici giudiziari, verificando il rispetto dei criteri generali direttamente indicati dal citato regio decreto numero 12 del 1941 e dalla legge 25 luglio 2005, n. 150;
b) formulano i pareri per la valutazione di professionalità dei magistrati ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs 5 aprile 2006, n.160, e successive modificazioni;
c) abrogata;
d) esercitano la vigilanza sull’andamento degli uffici giudiziari del distretto. Il consiglio giudiziario, che nell’esercizio della vigilanza rileva l’esistenza di disfunzioni nell’andamento di un ufficio, le segnala al Ministro della giustizia;
e) formulano pareri e proposte sull’organizzazione e il funzionamento degli uffici del giudice di pace del distretto;
f) abrogata;
g) formulano pareri, anche su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, in ordine alla adozione, da parte del medesimo Consiglio, dei provvedimenti inerenti a collocamenti a riposo, dimissioni, decadenze dall’impiego, concessioni di titoli onorifici e riammissioni in magistratura dei magistrati in servizio preso gli uffici giudiziari del distretto o già in servizio presso tali uffici al momento della cessazione dal servizio medesimo;
h) formulano pareri, su richiesta del Consiglio superiore della magistratura, su materie attinenti alle competenze ad essi attribuite;
i) può formulare proposte al comitato direttivo della Scuola superiore della magistratura in materia di programmazione della attività didattica della Scuola.
2. Il consiglio giudiziario costituito presso la corte di appello esercita le proprie competenze anche in relazione alle eventuali sezioni distaccate della Corte.
Art. 16.
Composizione dei consigli giudiziari in relazione alle competenze
1. I componenti designati dal consiglio regionale ed i componenti avvocati e professori universitari, partecipano esclusivamente alle discussioni e deliberazioni relative all’esercizio delle competenze di cui all’articolo 15, comma 1, lettere a), d) ed e).
2. abrogato.
Concludo augurando al sig. LEANDRO buon viaggio durante il quale, per favore, legga, ove non lo abbia già fatto, il nostro ordinamento giudiziario.
Con i sensi, anche da parte nostra, della massima considerazione